Oggi è proposto a tutta la Chiesa di pregare per le vocazioni.
Propongo tre spunti per aiutarci nella preghiera e nella vita, partendo da quanto la liturgia propone e dal Messaggio scritto dal Papa in occasione di questa giornata – tre parole che sono opportunità per me di ri-leggere la mia storia, e spero possano essere d’aiuto a ciascuno.
Il Papa ci propone di guardare a San Giuseppe per comprendere meglio che cos’è la vocazione cristiana e per verificarla nella nostra vita; la sua vocazione è contraddistinta da tre elementi: il sogno, il servizio, la fedeltà.
1.VOCAZIONE E SOGNO
Per la vocazione di San Giuseppe sono fondamentali quattro sogni in cui egli riconosce la voce di Dio e segue le sue indicazioni. Cristo oggi ci dice: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». La vocazione è innanzitutto il disegno che Dio ha per la nostra vita. Egli ci conosce, sa che cerchiamo – spesso confusamente – la felicità, e ci propone la strada migliore per conseguirla. D’altra parte, la vocazione non è imposta: occorre riconoscere i segni della Sua presenza nelle pieghe della vita. Per questo due cose sono essenziali: la preghiera e la vita nella comunità cristiana.
È questo che la lettura degli Atti ci testimonia descrivendo la vita della comunità cristiana come preghiera comune e giuda premurosa di Paolo.
Così è accaduto anche per me: durante gli anni dell’università è sorta in me l’intuizione che il Signore mi chiamasse a seguirlo totalmente. Per verificare questa intuizione mi sono confrontato con una persona che mi conosceva e mi stimava, e non mi ha consigliato nulla se non coltivare quest’intuizione nella preghiera e continuare a fare ciò che già stavo facendo – lo studio in università – provando a verificare innanzitutto nel quotidiano questa intuizione.
2.VOCAZIONE E SERVIZIO
San Giuseppe, dando credito alla voce di Dio, si è trovato a vivere come «ombra del Padre» per Gesù Cristo, per il Figlio di Dio.
Nel corso del tempo egli si rende conto di essere chiamato a un amorevole servizio. Si rende conto, cioè, che il modo per raggiungere la felicità è il dono di sé: per questo motivo la Chiesa lo chiama «castissimo sposo, svelando con ciò la sua capacità di amare senza trattenere nulla per sé».
Questa non è solo la vocazione di Giuseppe, ma anche quella di ciascuno di noi: scopriamo che siamo chiamati a essere felici attraverso l’autentico amore – possibile non per uno sforzo particolare, ma per il fatto che Dio ci ama per primo. Ci dice oggi Cristo: «Io do loro [a tutte le persone che ascoltano la sua voce] la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano».
La decisione definitiva di entrare in seminario, per me, è avvenuta non riflettendo e progettando, ma vivendo diverse esperienze in cui ho provato a mettermi al servizio, cioè provando a comunicare quanto di bello era successo nella mia vita.
3.VOCAZIONE E FEDELTÀ
La vocazione è dono di Dio che, nella misura in cui è accolto, permette di imparare a vivere amando. Proprio per questo il Papa indica una terza caratteristica di San Giuseppe: la fedeltà.
Come sa bene ogni sposo, l’amore per l’altro e per i figli non è dato una volta per tutte, ma va imparato quotidianamente, passando dentro circostanze liete o dolorose. La fedeltà nella vocazione è possibile nella misura in cui abbiamo speranza nel disegno di Dio – una speranza non vaga, ma fondata su fatti in cui si è reso per noi evidente il progetto buono di Dio sulla nostra vita.
«Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano»: è su questa parola, ascoltata e vissuta, che si fonda la speranza – e per questo possiamo essere fedeli al disegno di Dio.
Così possiamo comprendere le parole paterne di San Paolo a Timoteo: «Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza… Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito… Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano».
È questo che sto verificando, non senza fatiche o cadute, in questi anni di seminario – e anche l’esperienza che sto vivendo qui a Sesto è per me fondamentale, e motivo di gratitudine.
In conclusione, ognuno di noi è chiamato a verificare nella propria esistenza la presenza amorevole di Cristo, coltivare il rapporto con Lui, per conformarci alla Sua disponibilità al disegno del Padre, disegno che si realizza attraverso l’adesione libera e amorevole di ciascuno, per incorporare, “tirare dentro” quanti incontriamo nella vita nuova che Lui rende possibile.
San Giuseppe ci suggerisce tre parole chiave per la vocazione di ciascuno.
La prima è sogno. Tutti nella vita sognano di realizzarsi ed è giusto nutrire grandi attese, aspettative alte piuttosto che traguardi effimeri – come il successo, il denaro e il divertimento – i quali non riescono ad appagare. In effetti, se chiedessimo alle persone di esprimere in una sola parola il sogno della vita, non sarebbe difficile immaginare la risposta: “amore”.
La seconda parola è servizio: la sua cura amorevole ha attraversato le generazioni, la sua custodia premurosa lo ha reso patrono della Chiesa.
Il suo servizio e i suoi sacrifici sono stati possibili, però, solo perché sostenuti da un amore più grande: «Ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata viene chiesto questo tipo di maturità. Lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione».
Oltre alla chiamata di Dio – che realizza i nostri sogni più grandi – e alla nostra risposta – che si attua nel servizio disponibile e nella cura premurosa -, c’è un terzo aspetto che attraversa la vita di San Giuseppe e la vocazione cristiana, scandendone la quotidianità: la fedeltà.
Giuseppe è l’«uomo giusto» (Mt 1,19), che nel silenzio operoso di ogni giorno persevera nell’adesione a Dio e ai suoi piani. In un momento particolarmente difficile si mette a “considerare tutte le cose” (cfr v. 20).
Papa Francesco in SAN GIUSEPPE
IL SOGNO DELLA VOCAZIONE