Buonasera San Carlo!
Il cielo azzurro di questi giorni certo non ci aiuta a restare in casa. Soffriamo un po’, con questa bella primavera, il dover rimanere nelle mura domestiche; e per chi ha la fortuna di andare a lavorare il non potersi, magari, soffermare e godere un po’ un parco o gustare altrove la tiepidezza di questa aria primaverile.
Questo cielo però ci rimanda alla parola di questa sera: Padre nostro che sei nei cieli. “Cieli” al plurale perché, secondo la concezione antica, i cieli erano diversi, erano disposti uno sopra l’altro come diversi strati, una sorta di cipolla in cui i cieli, uno dopo l’altro, formavano il firmamento, questa tela tesa tra le acque superiori sopra il cielo e le acque inferiori, quelle degli oceani; e sui vari cieli si trovano le varie orbite sui quali sono fissate le stelle immutabili.
Padre nostro che sei nei cieli. Gesù ci parla di cielo, in qualche modo ci rimanda a questa dimensione. Il Padre è Colui che sta ovunque, come il cielo è sempre sopra di noi, in qualsiasi nostra condizione, che andiamo per mare, per terra e per via aerea, il cielo certo sempre ci sovrasta; d’altra parte questo riferimento ci dice che il Padre è più grande di noi e ci abbraccia tutti quanti e come il cielo abbraccia tutta la terra.
Ma il riferimento al cielo ci dice anche che la realtà del Padre non è a nostra immediata disposizione e noi non possiamo disporne, come non possiamo disporre del cielo che è alto sopra di noi, non possiamo toccarlo, non possiamo racchiuderlo, non lo possiamo gestire, non possiamo costruire il cielo. Abbiamo colonizzato la terra, abbiamo reso i mari in qualche modo navigabili, sfioriamo il cielo con gli aerei, buchiamo il cielo con i vari satelliti ma non possiamo dire di possedere il cielo. Questa è l’immagine di un Padre che è ovunque ma di cui noi non possiamo disporre, mentre è Lui che dispone di noi: è più grande, è la grandezza è infinito e forse questo è un aspetto che ci tocca più da vicino.
Padre nostro che sei nei cieli indica il suo infinito, il suo essere profondo. Immaginiamoci lo spazio, le galassie, la grandezza dell’universo. Eppure, Dio è più grande è infinito, come infinito quel cielo che sta dentro di noi, che è nel profondo del nostro essere nel quale il Padre abita e vive nello Spirito, perché in noi c’è l’immagine del suo Figlio Gesù.
Allora vorrei concludere questa sera con le parole di Paolo nella Lettera ai Colossesi: “Cercate le cose di lassù”. Lo sguardo che ci chiede Paolo va oltre alle cose terrene, ci fa guardare il cielo come un oltre, come qualcosa di grande che ci rincuora e ci affascina. A soprattutto “cercate le cose di lassù” fa venire in mente, in questi Vangeli pasquali, il volto triste e gli occhi abbassati a terra delle donne che vanno al sepolcro e non si accorgono della tomba vuota, dell’annuncio dell’angelo, della presenza di Gesù lì accanto, perché il loro sguardo è a terra, è triste, è depresso e non sanno che guardare, appunto, la loro umiliazione: “abbiamo perso il nostro Signore”. Appena una voce le desta alzano lo sguardo, hanno la visione della tomba vuota, del luogo dove è stato deposto il corpo di Gesù, e lì non trovano più il cadavere ma solamente i teli posati e visioni di angeli che dicono: “non è qui, non cercatelo tra i morti, è risorto!”.
Ecco perché dobbiamo imparare a cercare e guardare le cose di lassù, dobbiamo forse imparare un po’ di più a guardare il cielo non per disinteressarci della nostra storia, della nostra terra, ma perché terra e cielo stanno insieme, perché il cielo che abbraccia la terra è il Padre che abbraccia tutta l’umanità.
Sempre uniti, sempre saldi, forti di questo abbraccio
Vi saluto cordialmente
Vostro don Emanuele