Buonasera San Carlo!
Eccomi di nuovo a voi questa sera, al termine di una giornata che si sta chiudendo e questo tempo serale apre al nostro incontro nel quale vogliamo metterci in ascolto di un testo antico, di un testo bello, di un testo che sostiene la nostra fede, quello che noi comunemente chiamiamo “Credo”.
Perché questa scelta? Non solo perché anticamente era il testo che coloro che diventavano cristiani “stu-diavano”, ma anche perché è un testo che credo in questo tempo ci faccia bene affrontare e meditare. È il tema della fede, il tema della verità, che riguarda il nostro identificarci nella fede che gli apostoli ci hanno trasmesso.
Conosciamo due versioni di quello che noi chiamiamo “Credo”, che sarebbe più corretto chiamarlo Simbolo della fede. Quella più ampia, più lunga, che siamo abituati a recitare durante le nostre Eucarestie do-menicali: il Simbolo niceno-costantinopolitano, un termine importante che prende nome dai due Concili in cui è stato redatto: il Concilio di Nicea del 325 d.C. – primo Concilio dopo l’Editto di Milano, nel quale veniva sancita la libertà di culto e di professione di fede per tutti i cristiani -, e il Concilio di Costantinopoli del 381 d.C.
L’altra versione, quella più breve, che solitamente viene indicata nel tempo di Quaresima, è la versione più antica, la più suggestiva se vogliamo, è il Simbolo degli Apostoli. Dodici articoli di fede. Dodici punti che secondo una tradizione, leggendaria naturalmente, furono consegnati dallo Spirito santo nel giorno di Pentecoste a ciascuno degli Apostoli, i quali, raccolti nel cenacolo, lessero ciascuno il proprio articolo, andando a formare il testo del Credo per poi portarlo in ogni angolo della terra. Ma solo quando loro si riunirono poterono recitarlo insieme, pregarlo insieme, per indicare che la fede è ciò che unisce e che nessuno è latore di tutta la fede; neanche loro, gli Apostoli del Signore da soli, possono qualche cosa, ma insieme sì, uniti sì.
Questa è la comunione della Chiesa che nel suo simbolo che è il simbolo appunto del Credo viene manifestata in questo modo.
Ecco allora perché in questo tempo, in cui ci sentiamo in diaspora, dispersi, isolati, vogliamo trovare il simbolo della nostra unità, ciò che ci lega, ciò che da secoli e da sempre ha legato i cristiani d’Occidente a quelli d’Oriente, i cristiani cattolici e gli ortodossi, i protestanti e gli anglicani. È la fede dei nostri padri. In questo tempo nel quale subiamo la divisione, subiamo tutto quello che ci allontana, vogliamo riscoprire l’unità della nostra fede.
Allora partiamo per questo viaggio, e forse potrebbe essere un esercizio di fede quotidiano quello di fare la nostra professione di fede ogni giorno: “Io credo”.
È ciò che affronteremo domani, ma già questa sera ce lo diciamo prima di andare a letto e domani quando ci alzeremo: “Io credo in Dio”.
Un caro saluto a tutti voi; in particolare questa sera vorrei salutare le nonne e i nonni della nostra Comunità, gli anziani soli, gli anziani isolati, gli anziani ammalati, gli anziani lontani dai loro affetti, dei loro cari. Vi ricordo con tanto cuore e con tanta fede nella mia preghiera
Un caro saluto a tutti, sempre uniti
Don Emanuele