Buonasera San Carlo!
Eccoci di nuovo all’inizio di questa settimana alle prese con la preghiera di Gesù, la preghiera del discepolo, la preghiera dei figli.
È preghiera, ma è anche modo di pregare. Il Padre nostro è composto da poche espressioni, sette domande che Gesù pone al Padre, all’Abbà, come se fossero sette frecce scagliate, veloci e precise.
È una preghiera che, se vogliamo, contrasta forse con lo stile dei salmi che troviamo nell’Antico Testamento o dei cantici del Nuovo Testamento, più complessi, anche più belli dal punto di vista poetico. Le espressioni che troviamo nei salmi sono suggestive, sono potenti. Anche i cantici del Nuovo Testamento sono molto densi e intensi.
Questa, tuttavia, rimane la preghiera che è il modello di tutte le preghiere, ma soprattutto è la preghiera che ci insegna a pregare. Gesù introducendola ci dice: «non sprecate le vostre parole come fanno i pagani, il Padre vostro sa di ciò cui voi avete bisogno». Le molte parole non fanno, quindi, la molta preghiera. L’abbondanza di espressioni non corrisponde alla qualità della preghiera. Riflettiamo su questo perché ci consegna questa preghiera dicendoci: questo è l’essenziale. In sette richieste:
- che sia santificato il tuo nome
- che venga il tuo regno
- che sia fatta la tua volontà
- che abbiamo, ogni giorno, di che vivere
- che abbiamo a perdonare gli altri come tu perdoni noi
- che possiamo essere liberati dalle tentazioni
- e dal maligno
La prima, forse la più suggestiva e la più strana e forse anche la più difficile da spiegare: sia santificato il tuo nome. Al di là delle parole dobbiamo cogliere il desiderio intimo di Gesù che il nome di Dio, che Abbà, il papà di ogni uomo venga santificato. Noi diremmo così, se fosse stato dato a noi di formulare una preghiera: “Signore santifica gli uomini, santificaci tutti che siamo un branco di peccatori, una masnada di disgraziati, fai giusti i criminali, rendi onesti quelli che invece dimostrano di essere dei ladri, che rubano a destra e a manca, rendi il mondo più pulito e santificalo e magari, visti i tempi, sanificalo un po’ da tutte le malattie che ci sono!”. Noi avremmo forse preferito chiedere questo a Dio. Gesù invece chiede questa cosa: “sia santificato il tuo nome!”.
Che cosa significa il nome, se non riconoscere l’alterità di Dio? Io non sono il Padre, io non sono Abbà, io non sono Dio. Questo è per noi, noi che siamo creature, che siamo figli, nella condizione di chi chiede e non pretende.
Dire il nome vuol dire, innanzitutto, riconoscere un “tu”, un soggetto a cui riferirsi, un nome che è da scoprire e da conoscere. Ecco allora potremmo tradurre così “sia santificato il tuo nome”: perché tutti possano conoscerti per quello che sei!
Solo Gesù conosce veramente il Padre, lo conosce per quello che è, ma noi no, perciò ci insegna a pregare: “sia santificato il tuo nome, fallo conoscere a tutti, la tua gloria risplenda in cielo e sulla terra”.
E da qui, allora, vengono tutte le altre domande; è la prima delle domande, forse la più importante, forse la fondamentale. Quella domanda che non chiede null’altro che possiamo conoscerti per quello che sei, fai conoscere il tuo nome, la tua identità, rivelaci il tuo volto.
Grazie ancora per il vostro ascolto, per la vostra pazienza questa sera. L’appuntamento è a domani.
Sempre uniti e saldi nel Signore
Vostro don Emanuele