Buonasera San Carlo!
Eccoci di nuovo a quest’appuntamento serale. Lascio un attimo da parte il commento alle parole del Padre nostro, per sottolineare un aspetto legato a questa preghiera che è l’atteggiamento del corpo.
Quando noi preghiamo la preghiera di Gesù ci viene chiesto di aprire le braccia, come mai? È un vezzo, è una fissa del parroco, è una regola assurda, è una cosa che non mi sento di fare e sto con le braccia conserte, le mani giunte o le mani in tasca, o magari non apro le braccia perché faccio l’anticonformista, eh lo fanno tutti, l’ha detto lui non lo faccio io… ?
Credo che la preghiera del corpo esprima ciò che sta nell’anima: l’anima abita un corpo e allora la preghiera con le braccia aperte per prima cosa imita la posizione di Gesù in croce che offre tutta la sua vita al Padre. Questo lo dice bene un grande vescovo dell’antichità, contemporaneo di sant’Ambrogio, Massimo il Confessore, che scrisse molti sermoni, molte omelie, una dei più belli è l’omelia del Sabato santo in cui fa un grande discorso sulla croce, come essa croce è simbolica di tutto il creato. C’è un passaggio in cui Massimo raccomanda ai propri fedeli di pregare la preghiera di Gesù con le braccia aperte e lo dà come un dato assodato. «Anche la posizione dell’uomo – dice san Massimo – quando innalza le mani descrive una croce; per questo ci viene raccomandato di pregare alzando le mani per confessare la passione del Signore con l’atteggiamento stesso delle membra. La nostra preghiera viene esaudita più prontamente quando anche il corpo imita Cristo mentre ne parla il cuore».
È anche la posizione della preghiera del sacerdote, soprattutto nel momento della liturgia eucaristica: c’è un momento in cui fedeli e sacerdote assumono la stessa posizione, assumono lo stesso atteggiamento. Dopo il solenne “Amen!” che chiude la grande preghiera di ringraziamento e di consacrazione, la comunità si prepara alla comunione, ed ecco, tutti quanti apriamo le braccia come Gesù in croce perché ci prepariamo a diventare noi stessi un’offerta viva, spirituale, a Dio nostro Padre.
Queste parole che la bocca professa diventano atteggiamento di vita anche con il corpo, ecco perché aprendo le braccia in forma di croce ci ricordiamo anche del valore e della forza di queste parole di questa preghiera, perché Gesù in croce ha pregato. La tradizione ha raccolto in sette espressioni di preghiera le ultime parole di Gesù, come sono sette le domande di preghiera che sono nel Padre nostro. Perché il Padre nostro è proprio tutta la sintesi non solo della preghiera ma anche del Vangelo e di tutta la vita di Gesù.
Con queste parole ci introduciamo, in questa vigilia, al giorno del Signore che domani celebreremo, non ci sarà il “Buonasera San Carlo”, bensì arriverà l’omelia della seconda Domenica del tempo di Pasqua. Per il commento al Padre nostro ci sentiremo lunedì.
Un cordiale saluto, sempre uniti e saldi nel Signore
Vostro don Emanuele